Ottimo teologo e scrittore ecclesiastico del III secolo; nato probabilmente a Cartagine, verso il 160; morto dopo il 220. Era figlio di un centurione al servizio del proconsole d’Africa. Quintus Septimus Florens Tertullianus ricevette un’eccellente educazione, principalmente in retorica e giurisprudenza, e fu professionalmente un avvocato nei tribunali di Roma. È ormai opinione comune che egli sia da identificare con il giurista Tertulliano, i cui scritti sono citati nei Pandetti.
Carriera e carattere. Convertito al cristianesimo (195 circa), Tertulliano divenne istruttore di catecumeni a Cartagine e in relazione a questo ufficio iniziò la sua carriera letteraria. Già nel 206 il suo insegnamento cominciò a riflettere le idee montaniste, e verso il 212 o 213 ruppe con la Chiesa e si unì al montanismo in Africa, diventando il leader di un partito successivamente noto come Tertullianisti. Era certamente sposato; se fosse un sacerdote è ancora una questione controversa.
Secondo San Gerolamo (De Viris illustribus 53) si dice che sia vissuto fino ad un’estrema vecchiaia: “fertur vixisse usque ad decrepitam aetatem.” Non ci sono prove che sia tornato alla Chiesa prima di morire. Il partito da lui fondato continuò ad esistere per circa 200 anni, l’ultimo residuo fu riconciliato con la Chiesa da S. Agostino (400 circa).
Il tragico corso della vita di Tertulliano fu determinato, in larga misura, dai difetti del suo stesso carattere. Tertulliano era un estremista. Racconta che da giovane “vuotò la coppa della lussuria fino alla feccia” e che aveva una passione per i giochi immorali e gli spettacoli sanguinosi nell’arena; fu probabilmente iniziato ai misteri di Mitra; e confessa che commise frequentemente adulterio. Non è irragionevole supporre che l’ascetismo esagerato delle sue ultime opinioni sia derivato, almeno in parte, da una reazione di disgusto per la licenziosità della sua vita precedente.
Pierre DeLabriolle parla della sua “mania” per la disciplina; il sonetto di Matthew Arnold sul “severo Tertulliano” è ben noto; nel famoso atto d’accusa di Gibbon egli è poco meglio di un sadico; un analista del XX secolo, Bernhard Nisters, si riferisce a caratteristiche schizoidi nel temperamento di Tertulliano e suggerisce che il suo rigorismo, la sua intolleranza, il suo anticonformismo polemico e la sua reazione violenta all’opposizione si avvicinano alla paranoia. Tali stime sono, di per sé, esagerate. Il carattere di Tertulliano era difficile, ma non era malato. Era un uomo di temperamento ardente, appassionato, orgoglioso e incapace di scendere a compromessi con la verità come la vedeva lui. È vero che era impaziente e irritabile, ma è altrettanto vero che era abbastanza onesto da ammetterlo nell’introduzione al suo bellissimo trattato De patientia. Tertulliano era un uomo di forti convinzioni e di grande serietà morale. Attraverso il suo eccessivo rigorismo adottò l’ascetismo estremo che deformò il suo carattere e rovinò la sua vita. John Henry Newman ha scritto che l’impazienza è il peccato originale degli eretici; di nessuno si può dire questo con maggiore verità che di Tertulliano.
Genio letterario. Tertulliano era un genio letterario, il più grande scrittore cristiano dell’Occidente prima di Sant’Agostino e uno dei più grandi di tutto il periodo patristico. Le stesse caratteristiche che portarono alla sua caduta contribuirono al vigore e alla qualità altamente originale della sua prosa. Egli illustra perfettamente la verità del detto di Buffon che lo stile è l’uomo. Tertulliano conosceva le regole dei retori, e poteva comporre accuratamente secondo queste regole quando gli conveniva farlo. Eppure era un personaggio troppo indipendente per essere vincolato da forme convenzionali.
Tertulliano era uno scrittore di meravigliosa fertilità e inventiva, dotato di una felicità di espressione rara tra i primi scrittori cristiani. Coniava un epigramma, un apoftegma dopo l’altro. Amava il paradosso e la reductio ad absurdum. I giochi di parole sono sparsi in tutti i suoi scritti. Aveva un grande potere di invettiva e un genio per la disprezzo. Il sarcasmo era una delle sue armi preferite. Scriveva quasi sempre come un uomo arrabbiato, e anche i suoi trattati sulle virtù cristiane sono polemici. tacito lo chiamava “un chiacchierone di prima classe e un bugiardo”; aristotele era il “miserabile inventore della dialettica”; marcione era “un ratto del Ponto che rosicchia i Vangeli”. I tag dei suoi scritti sono noti a tutti. “Cosa c’entra Atene con Gerusalemme?”. “Il sangue dei cristiani è seme”. “È certo perché è impossibile”. “La fede è pazienza con la sua lampada accesa”. “Dio è grande quando è piccolo”. “Anima naturaliter Christiana”. La lista è infinita.
Tertulliano è il più citabile di tutti gli antichi scrittori cristiani, e tuttavia, sebbene sia spesso citato, raramente è citato a lungo. Questo perché aveva un dono per la frase piuttosto che per il paragrafo e perché la maggior parte dei lettori trova più facile apprezzare il suo spirito che seguire i suoi argomenti.
La difficoltà del latino di Tertulliano è nota, e ci sono riferimenti ad esso già da Lattanzio e San Girolamo. Combinazioni di parole e frasi stranamente concepite, metafore molto fantasiose, allusioni criptiche, parentesi e antitesi multiple, asyndeton, ellissi (“Quot verba, tot sententiae” è il giudizio di Vincent of lÉrins), un vocabolario unico (ci sono quasi mille neologismi in Tertulliano), e soprattutto una brevità quasi senza respiro contribuiscono all’oscurità del suo stile. È, senza dubbio, il più difficile di tutti gli scrittori latini in prosa, e tuttavia un critico così competente come DeLabriolle ha dichiarato che dopo che si è acquisito il gusto per la sua prosa pungente, tutti gli altri scrittori latini, compreso Tacito, sembrano insipidi; e il professor Wright lo considera uno dei cinque scrittori latini che hanno fatto di più per influenzare gli sviluppi della lingua.
Scritti. Esistono trentuno trattati autentici di Tertulliano. Altri cinque a lui attribuiti sono spuri, e ce ne sono almeno dodici che sono andati perduti, compresi tre dei quattro scritti originariamente in greco. L’influenza e la popolarità di questi scritti durante il periodo patristico è attestata dalla frequenza con cui sono citati – spesso senza riconoscimento – dagli scrittori cristiani successivi in Occidente.
Le raccolte dei suoi trattati furono fatte molto presto. San Girolamo riferisce che Cipriano “non passava mai un giorno senza leggere qualche parte delle opere di Tertulliano”; e la sua richiesta quotidiana, “Da magistrum” (Dammi il Maestro), suggerisce che aveva in suo possesso una raccolta degli scritti di Tertulliano. Quante raccolte di questo tipo siano rimaste dopo la condanna delle opere di Tertulliano da parte del cosiddetto decreto gelasiano è impossibile dirlo.
L’opposizione ufficiale della Chiesa all’insegnamento di Tertulliano è responsabile, almeno in parte, della tradizione testuale difettosa delle sue opere. Il fatto che, nonostante questa opposizione, all’inizio del Medioevo esistessero almeno sei diverse raccolte degli scritti di Tertulliano, rivela un liberalismo che non sempre è stato riconosciuto come caratteristico di questo periodo. Le opere di Tertulliano possono essere classificate come (1) apologetiche, (2) polemiche, e (3) trattati di disciplina cristiana e ascetismo.
Apologetica. La sua Apologia è uno dei grandi classici della letteratura cristiana antica. Fu scritta nel 197 d.C., poco dopo la sua conversione e ben prima che il montanismo diventasse una seria influenza nella sua vita. L’opera è un’appassionata difesa della verità del cristianesimo. Era indirizzata ai governatori provinciali dell’Impero Romano, e il suo scopo principale era quello di dimostrare l’ingiustizia delle persecuzioni dirette contro i cristiani. Queste persecuzioni nascevano dall’ignoranza, dal travisamento e dalla paura. L’Apologia di Tertulliano argomenta brillantemente che la politica seguita nelle persecuzioni è incoerente con la procedura regolarmente osservata nei casi criminali processati nelle corti di giustizia romane. Dimostra che le accuse popolari contro i cristiani di atrocità segrete, sacrilegio e slealtà sono false; che la vita e il culto cristiani sono irreprensibili; e che il cristianesimo, lungi dall’essere una minaccia per lo stato, è in realtà una delle maggiori fonti della sua forza a causa della buona vita morale che i cristiani conducono e perché il cristianesimo fornisce una sanzione per l’osservanza della legge a cui il paganesimo non potrà mai arrivare.
Polemica. Si è già notato che gli scritti di Tertulliano sono quasi esclusivamente polemici. I suoi trattati apologetici riguardano la difesa del cristianesimo contro gli attacchi del paganesimo e dell’infedeltà. Le sue opere polemiche, nel senso tecnico della parola polemica, difendono la verità cattolica contro gli attacchi dell’eresia. Le più importanti sono il De praescriptione hereticorum, Adversus Marcionem, Adversus Praxean, e il De anima; di queste, il De praescriptione (200 circa) è in una classe a sé.
Praescriptio era un termine tecnico nel diritto romano per descrivere una forma di difesa in cui un contendente, in una dichiarazione allegata a un memoriale (praescribere ), faceva eccezione ad alcuni aspetti della causa del suo avversario e quindi tentava di far rigettare la causa prima che arrivasse in tribunale. La forma di praescriptio di cui Tertulliano si occupa qui è quella della longa possessio. Gli eretici vogliono stabilire la verità della loro posizione dalle Scritture. La Chiesa interpone subito una replica. Gli eretici non hanno il diritto di argomentare dalla Bibbia, perché la Bibbia è il libro della Chiesa ed è stato il libro della Chiesa fin dall’inizio. Il contenuto della rivelazione non si trova da nessuna parte se non nelle chiese fondate dagli apostoli, perché le chiese hanno ricevuto il Vangelo dagli apostoli, sia viva voce che per iscritto; gli apostoli lo hanno ricevuto da Cristo, e Cristo da Dio (De praescr. 21). Perciò non si può accettare nessuna dottrina che sia contraria all’insegnamento delle chiese apostoliche.
Gli eretici che tentano di difendere tale dottrina argomentando dalla Scrittura hanno torto su due punti: primo, perché sono innovatori – la verità cattolica è stata in possesso fin dal principio, e la verità è sempre precedente all’errore; secondo, perché sono ladri – stanno braccando una proprietà che appartiene solo alla Chiesa.
Disciplina e ascetismo. I trattati di Tertulliano sulla disciplina cristiana e l’ascetismo, specialmente quelli che scrisse durante il periodo semi-montanista e montanista, sono i meno soddisfacenti di tutte le sue opere. Si dice spesso che Tertulliano era un buon logico ma un povero casista. Questa è una valutazione perspicace, e aiuta molto verso una comprensione più accurata, se non più simpatica, dell’uomo e della sua opera. Nel regno delle idee astratte, nell’apologetica, e in quella che oggi si chiama teologia dogmatica o sistematica, Tertulliano è un modello di buon senso e obiettività. Ma quando sorgono questioni di condotta, per ragioni che risiedono nel profondo delle influenze che avevano formato il suo carattere, sembra perdere ogni senso delle proporzioni, ogni apprezzamento della forza di un argomento. I suoi pregiudizi puritani prendono il sopravvento, ed è allora che abdica alla ragione in favore dell’emozione.
Il rigido codice morale di Tertulliano è più evidente in trattati come il De spectaculis (197-202 circa), che proibisce ai cristiani di assistere a divertimenti pubblici di ogni tipo – eventi sportivi, circo, teatro, combattimenti tra gladiatori – perché crede che questi divertimenti abbiano la loro origine nell’idolatria e siano una fonte di immoralità. Il De cultu feminarum (197-202 circa) condanna l’uso di cosmetici, gioielli e altri ornamenti femminili popolari. Il peccato e la morte, si afferma, sono venuti al mondo attraverso una donna; quindi l’unico abito appropriato per una donna è l’abito della penitenza e del lutto. La preoccupazione del fanatico per i dettagli della legislazione appare nel De virginibus velandis (prima del 207), che dice alle donne al centimetro quanto devono essere lunghi i loro veli e quale parte della testa e del collo devono coprire.
L’evoluzione dell’insegnamento di Tertulliano sul matrimonio e sul risposarsi offre una tipica illustrazione del graduale deterioramento del suo pensiero dall’ortodossia cattolica ai duri estremi dell’eresia montanista. Il bellissimo trattato indirizzato a sua moglie, l’Ad uxorem (c. 200), consiglia alle vedove di rimanere nubili, sebbene affermi che le seconde nozze non sono peccato. Nel De exhortatione castitatis (c. 204-212) il suo precedente consiglio è diventato un rigido comando; e nel trattato montanista De monogamia (c. 217) egli stigmatizza tutte le seconde nozze come adulterio, uno dei peccati capitali che la Chiesa non può assolvere.
Una simile evoluzione si trova nei suoi trattati sulla penitenza. L’opera cattolica De paenitentia (c. 203) non pone alcuna restrizione al potere della Chiesa di perdonare i peccati. Il montanista De pudicitia (dopo il 212 o 213) introduce una distinzione tra peccati rimissibili e irremissibili, concedendo al vescovo il potere di perdonare i primi ma limitando il perdono dei secondi a Dio solo.
Erudizione e dottrina. Sebbene Tertulliano, in alcune occasioni, abbia tentato di dare risposte a questioni metafisiche, le sue opere, nel complesso, rivelano che i suoi interessi erano eruditi piuttosto che speculativi. Potrebbe essere stato uno degli uomini più dotti del suo tempo. Questa era certamente l’opinione di San Girolamo, un uomo di immensa erudizione; e Vincenzo di Lérins, dopo aver affermato che Tertulliano, di tutti gli scrittori latini cristiani, è facile princeps, sfida i suoi lettori a nominare qualcuno che fosse “più versato nelle cose umane e divine”
La sua conoscenza della letteratura, sia sacra che secolare, era prodigiosa. Citava più di 100 autori diversi e conosceva a fondo non solo la vasta letteratura eretica del tempo, ma anche quella di tutti i grandi sistemi filosofici del mondo greco-romano.
Teologia. Quasi tutte le questioni cruciali della teologia sono trattate da qualche parte nei suoi scritti. È impossibile, in una breve sinossi, rendere giustizia alla ricchezza, alla varietà e all’importanza permanente del suo pensiero. In polemica con Ermogene e Marcione, con lo gnosticismo e il paganesimo, si è occupato dell’esistenza e dell’essenza di Dio, della sua unità, della sua attività creatrice e della sua divina provvidenza. Scrive della tradizione e della regola della fede, del peccato originale e della redenzione, della grazia e del libero arbitrio, della Chiesa e dei sacramenti (specialmente il battesimo e l’eucaristia), della preghiera e del culto, della resurrezione del corpo e della vita eterna. È uno dei primi testimoni della dottrina della Chiesa sul merito, la soddisfazione e il purgatorio.
Nessuno può conoscere la storia del sacramento della penitenza nell’antichità cristiana se non conosce i trattati De paenitentia e De pudicitia di Tertulliano. Gli argomenti strettamente ragionati con cui difende l’autorità di insegnamento della Chiesa nel De praescriptione hereticorum sono di valore per tutti i tempi. Ha una conoscenza specialistica della Bibbia, e la cita con una facilità e una frequenza sorprendenti. Le sue opere forniscono materiale di fonte inestimabile per gli studiosi di Scrittura interessati alla critica testuale, alla storia del canone, all’origine della Bibbia latina e alle prime teorie di esegesi.
Nel suo insegnamento sulla Trinità e sull’Incarnazione, Tertulliano ha dato i suoi contributi più significativi alla teologia dogmatica. Il suo linguaggio è straordinariamente preciso per il primo periodo in cui scrisse. Nell’Adversus Praxean, in particolare, il suo fraseggio è così felice che alcune delle formule che vi si trovano sono state riprese dalla Chiesa e sono ancora considerate come espressioni definitive della fede cattolica. Per quanto si sa, il primo uso della parola latina trinitas in riferimento a Dio si trova negli Adversus Praxean e nel De pudicitia di Tertulliano. Egli fu il primo ad usare il termine persona in un contesto trinitario e cristologico, affermando che il Logos è distinto dal Padre come persona e non come sostanza e che lo Spirito Santo è la “terza persona” nella Trinità (Adv. Praxean 12).
Tertulliano afferma inequivocabilmente che ci sono due nature, una umana e una divina, che sono unite nell’unica persona, Gesù Cristo (Adv. Praxean 27). Egli aggiunge che le due nature rimangono distinte, nonostante la loro unione; e insiste sul fatto che esse non formano in nessun senso una specie di tertium quid, “qualche essenza composta formata da due sostanze”. Così Tertulliano confutò il monofisitismo prima che sorgesse. La sua formula, salva est proprietas utriusque substantiae (Adv. Praxean 27) fu presa in prestito da Leone il Grande nel suo Tomo a Flaviano, e fu infine incorporata testualmente nella definizione del Concilio di Calcedonia. Può benissimo essere che la Chiesa occidentale sia stata risparmiata dalle devastazioni delle controversie cristologiche che hanno diviso l’Oriente a causa della sua soddisfazione per la cristologia dell’Adversus Praxean di Tertulliano.
Errori. In non poche aree della teologia, le opinioni di Tertulliano sono, ovviamente, completamente inaccettabili. Così, per esempio, il suo insegnamento sulla Trinità rivela una subordinazione del Figlio al Padre che, nella forma più tardiva e grossolana dell’arianesimo, la Chiesa ha respinto come eretica. Le sue opinioni sull’origine dell’anima sono infettate dal traducianesimo, e il suo insegnamento su Dio e gli angeli rende chiaro che non era in grado di concepire la sostanza non corporea. La sua mariologia contiene molto di ammirevole, ma è difettosa nella sua negazione della perpetua verginità di Maria.
L’escatologia di Tertulliano è chiliastica, e la sua preoccupazione per ciò che egli concepiva essere la prossimità della Parusia ha contribuito, senza dubbio, alla formazione delle sue opinioni sull’austera Intersethik che egli richiedeva ai cristiani. Sebbene la sua sfiducia nella ragione umana sia stata a volte esagerata, bisogna ammettere che egli mise in atto un’opposizione tra fede e filosofia che è in netto contrasto con l’atteggiamento dei suoi contemporanei alessandrini Clemente e Origene.
Gli errori specificamente montanisti che Tertulliano sposò in età avanzata riguardavano, per lo più, questioni di disciplina e ascetismo. Egli insisteva, per esempio, che la fuga in tempo di persecuzione equivaleva all’apostasia, e rifiutava la legislazione relativamente mite della Chiesa africana sul digiuno in favore delle severe e frequenti xerofagie richieste dalla nuova profezia. Al di fuori dell’area della morale, i suoi errori montanisti più pericolosi risiedono in (1) la sua convinzione che gli enunciati dei profeti montanisti siano l’autentica parola di Dio e (2) la sua ecclesiologia difettosa.
Come montanista, Tertulliano sosteneva che esiste una “Chiesa dello Spirito” interna, che egli contrappone alla “Chiesa dei vescovi” esterna (De pudicitia 21). Egli considera che tutti coloro che possiedono lo Spirito, siano essi sacerdoti o laici, hanno poteri che, di fatto, sono propri del solo ordine gerarchico; e il suo principio che nessuno può comunicare lo Spirito se non chi possiede lo Spirito, adombra il donatismo.
Si può solo deplorare che un talento così grande come quello di Tertulliano sia stato dedicato alla difesa del rigorismo e dell’eresia per tanti dei suoi anni più produttivi e che, nonostante il magnifico contributo alla Chiesa che la sua eredità letteraria rappresenta, egli non possa essere raccomandato senza riserve ai lettori cristiani o onorato con un posto tra i padri della chiesa.
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