Come il Trattato del Laterano ha creato la Città del Vaticano

Novanta anni fa, l’11 febbraio 1929, la Santa Sede e il governo italiano conclusero una serie di trattati che influenzarono significativamente il papato, la Chiesa Cattolica e la storia mondiale. Firmati nel Palazzo del Laterano, i trattati posero fine ad un conflitto di 59 anni tra i due firmatari e crearono la Città del Vaticano come nazione indipendente con il papa come capo di stato. Il conflitto che portò a questo accordo epocale, il Trattato del Laterano, iniziò alla fine del XIX secolo.

Stati Pontifici

Entro il 1860, un’area conosciuta come Stati Pontifici tagliava il centro della penisola italiana. Comprendendo più di 16.000 miglia quadrate con oltre 3 milioni di abitanti, questi stati erano sotto il dominio temporale, governati dalla Santa Sede. Geograficamente, le terre si estendevano dal fiume Po a nord fino alla foce del Tevere a sud, includendo importanti aree commerciali e industriali come la Corsica, Palermo, Bologna e Parma, così come la città di Roma e i porti chiave sul mare Adriatico. Lo Stato Pontificio separava essenzialmente l’Italia settentrionale da quella meridionale. Queste terre erano state conferite al Vaticano da diversi monarchi, risalendo almeno a 11 secoli prima, il che rendeva il regno temporale dei papi più lungo di qualsiasi altra dinastia europea.

A partire dal 1850, il re Vittorio Emanuele II di Piemonte-Sardegna iniziò la sua ricerca per consolidare tutta l’Italia sotto un unico governo e diventare il re di un’Italia unificata. I più grandi dei molti stati italiani indipendenti erano quelli controllati dal papa, che all’epoca era Pio IX (r. 1846-78), un serio ostacolo all’unificazione italiana. Il re, sia attraverso i negoziati o la minaccia della forza, iniziò ad annettere aree dell’Italia sotto un nuovo governo nazionale. Papa Pio si rifiutò di cedere uno dei suoi possedimenti, ma il re occupò uno Stato Pontificio dopo l’altro, finché nel 1860 non si impadronì di tutti i possedimenti papali tranne la città di Roma. Il nuovo governo centrale voleva Roma come capitale della nazione, ma il papa non ne voleva sapere. Protetto da una guarnigione francese, Pio si rifiutò di riconoscere il governo di Vittorio Emanuele e denunciò quella che considerava una rapina dello Stato Pontificio: il sequestro dei beni della Chiesa appartenenti a tutti i cattolici.

Legge delle Garanzie

Il 20 settembre 1870, dopo la partenza della guarnigione francese che proteggeva il papa per combattere nella guerra franco-prussiana, l’esercito di re Vittorio occupò Roma con la forza. Il dominio papale, un tempo di oltre 16.000 miglia quadrate, fu ridotto a un sesto di miglio quadrato del Vaticano. Vittorio, ormai re di tutta l’Italia, offrì notevoli concessioni a Papa Pio IX se avesse riconosciuto il nuovo governo e l’annessione dello Stato Pontificio. Queste concessioni, chiamate Legge delle Garanzie, riconoscevano il papa come capo della Chiesa cattolica in Italia, accordavano al papa tutti i diritti di un monarca sovrano e prevedevano una compensazione alla Chiesa per lo Stato Pontificio. Il papa rifiutò categoricamente, ritenendo che tale accordo sarebbe equivalso a porre il papato sotto il dominio e soggetto al re d’Italia. Pio scrisse nella sua enciclica Ubi nos (“Sugli Stati Pontifici”) del maggio 1871: “Perciò non possiamo sottometterci a nessun accordo che possa in qualche modo distruggere o diminuire i nostri diritti, che sono i diritti di Dio e della Sede Apostolica. … Perché se il Romano Pontefice fosse soggetto all’influenza di un altro sovrano, ma non possedesse più il potere civile, né la sua posizione né gli atti del ministero apostolico sarebbero esenti dall’autorità dell’altro sovrano” (n. 7). Pio negò successivamente ai cattolici italiani di votare alle elezioni nazionali e scomunicò tutti coloro che erano coinvolti nell’occupazione dei territori papali.

Questione romana

Papa Pio e i suoi quattro successori rimasero volontariamente appartati in Vaticano per i successivi 59 anni e si soprannominarono “prigionieri del Vaticano”. Per tutti quegli anni, i papi continuarono a negare la legittimità del governo nazionale italiano e i suoi diritti allo Stato Pontificio. Questa situazione sarebbe diventata nota in tutto il mondo come la Questione Romana.

Entra Papa Pio XI (r. 1922-39) e il famigerato dittatore fascista Benito Mussolini (morto nel 1945). Come primo ministro del re Vittorio III, Mussolini riconobbe due questioni politiche significative: Primo, l’Italia era cattolica al 97%; e secondo, la maggioranza degli italiani voleva la pace tra Chiesa e Stato. Lui e il cardinale Pietro Gasparri, il segretario di stato di Papa Pio XI, iniziarono due anni e mezzo di negoziati che portarono al Trattato del Laterano del 1929 e alla fine della Questione Romana.

Trattato del Laterano

Il trattato fu firmato l’11 febbraio e ratificato l’8 giugno 1929. Tra gli accordi del trattato, la Santa Sede riconobbe la legittimità del governo italiano e il suo diritto allo Stato Pontificio; il Vaticano fu, a sua volta, compensato finanziariamente; e la Città del Vaticano fu creata e designata una nazione sovrana, indipendente dall’Italia, con il papa come capo di stato. Il cattolicesimo divenne la religione d’Italia; le leggi sul matrimonio furono poste sotto il dominio della Chiesa, e l’istruzione religiosa cattolica fu inclusa in ogni scuola. Il governo italiano fornì alla Città del Vaticano una stazione ferroviaria, un ufficio telefonico e telegrafico, un ufficio postale e una stazione radio. Il papa era ancora una volta il sovrano di una nazione sovrana e in nessun modo soggetto a un potentato terreno.

Alcuni di quell’epoca conclusero che il papa aveva legittimato un governo fascista e, come tale, aveva perso molto del prestigio concesso al papa come sovrano temporale dello Stato Pontificio. Mussolini e altri erano convinti che isolando il dominio del papa alla Città del Vaticano (108 acri di terra) l’influenza del papa sulle questioni politiche sarebbe stata notevolmente diminuita. Il dittatore disse: “Non abbiamo resuscitato il potere temporale dei papi; lo abbiamo seppellito”. Queste osservazioni si sono rivelate miopi, dato che il papa oggi è annunciato sia come capo di stato che come leader spirituale di una religione che comprende oltre un miliardo di persone. È enormemente popolare e ampiamente influente tra i cattolici e i non cattolici di tutto il mondo. Il Trattato del Laterano ha catapultato il papa sulla scena mondiale. Nel 1984 il trattato fu modificato, compresa l’eliminazione del cattolicesimo come religione ufficiale dell’Italia, e rese facoltativa l’istruzione cattolica per i bambini.

D.D. Emmons scrive dalla Pennsylvania.

Punti chiave del Trattato del Laterano

  • Il papa riconobbe il governo italiano e rinunciò ad ogni diritto sullo Stato Pontificio. (Il testo esatto del trattato recita: “La Santa Sede … dichiara che la questione romana è definitivamente e irrevocabilmente risolta e quindi eliminata e riconosce il Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia, con Roma come capitale dello Stato italiano.”)
  • La compensazione al Vaticano per lo Stato Pontificio fu l’equivalente di circa 92 milioni di dollari in valuta e obbligazioni.
  • La Città del Vaticano fu creata come uno stato nazionale separato e indipendente dall’Italia, con il papa come capo di stato. Egli avrebbe avuto tutti i privilegi di quella posizione e la sua persona fu considerata sacra e inviolata.
  • Il governo italiano accettò di costruire e finanziare, all’interno della Città del Vaticano, una stazione ferroviaria con accesso al sistema ferroviario italiano, capacità telefonica e telegrafica, una stazione radio e un ufficio postale. Alcuni edifici fuori dal Vaticano, tradizionalmente parte della Chiesa, furono restituiti alla Santa Sede.
  • Il cattolicesimo romano fu identificato come religione ufficiale dell’Italia, la Chiesa avrebbe governato sulle leggi matrimoniali italiane e l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole fu obbligatorio.
  • Il clero cattolico non avrebbe preso parte alla politica, e ogni vescovo avrebbe fatto un voto in tal senso. Le nomine dei nuovi vescovi sarebbero state esaminate dal governo italiano.

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