La storia di Kayla: Vivere con il disturbo borderline di personalità

Se vi dicessi che ho una malattia che colpisce solo il 2% della popolazione, e che uccide 1 su 10 di quelli che la hanno, quale sarebbe la vostra reazione? E come cambierebbe questa reazione se vi dicessi che si tratta di una malattia mentale nota come disturbo borderline di personalità (BPD)?

Il BPD è una delle condizioni di salute mentale più stigmatizzate e incomprese e il suo effetto devastante può essere trovato in mille storie non raccontate da coloro che vivono con esso, coloro che esistono in un mondo dove non importa quanto forte gridano, nessuno sembra sentire la loro voce.

Nel 2007, sono stato tirato fuori da un lago nel South Yorkshire dove ho cercato di porre fine alla mia stessa vita. Sono stato fortunato. Il mio compagno, Nigel, ha lavorato con un elicottero della polizia per localizzare il segnale del mio cellulare sul bordo dell’acqua, dove due cani mi hanno trovato e sono stato portato in salvo. In quel momento, Nigel è diventato improvvisamente il mio ‘badante’, e io sono diventata un ‘utente del servizio’. Non avevo idea che il viaggio che stavamo per intraprendere sarebbe stato così lungo e roccioso.

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I miei sintomi sono iniziati nella prima adolescenza, quando mi sono resa conto di non essere come i miei coetanei. L’ansia da separazione, la paura dell’abbandono, l’autolesionismo e l’instabilità emotiva mi hanno impedito di vivere quella che avrebbe dovuto essere la tipica vita di un adolescente. Passavo le mie giornate in isolamento, senza capire le emozioni travolgenti che mi assalivano da ogni parte, spesso piangendo fino ad addormentarmi, chiedendomi perché i sentimenti non se ne andavano, e perché non riuscivo a dar loro un nome.

Durante la mia adolescenza non sono riuscita a sviluppare un’identità, rimanendo indietro dal punto di vista accademico, sociale ed emotivo. Mi sentivo come se mi fossi “bloccato” all’età di 11 anni, quando sono iniziati i problemi, e che il mio corpo e la mia mente si stavano sviluppando, ma il mio senso di sé e la capacità di regolare le emozioni rimanevano molto indietro. È stato solo quando mi è stata finalmente diagnosticata la BPD che ho cominciato a capire cosa significassero tutti questi sintomi, e sono stato finalmente in grado di iniziare a scoprire il mio passato per capire il mio presente.

Ora che ho trent’anni, sento che una nuova comprensione della vita con la mia diagnosi sta cominciando ad avere senso. L’incapacità di mantenere un lavoro a tempo pieno a causa della mia condizione si è trasformata nella mossa di carriera più positiva, dato che ora lavoro come musicista professionista indipendente. Quattro anni dopo il terribile evento in cui Nigel è diventato il mio badante, la sua azienda ha pubblicato il mio album di debutto, che evidenzia la consapevolezza positiva del disturbo di personalità.

Ho trovato un grande sostegno dal mio gruppo locale Mind e da una fantastica organizzazione chiamata Emergence, che insieme al Dipartimento della Salute, stanno fornendo formazione a persone che lavorano con persone con PD per educarle intorno alla filosofia “non più una diagnosi di esclusione”. E’ un privilegio lavorare con loro come formatore, co-facilitando insieme agli psicologi.

Così poche persone sono disposte a guardare la persona dietro il disturbo di personalità. Ci può essere un’immensa creatività che nasce nelle menti di coloro che sono tormentati dalla malattia mentale, e quando viene sfruttata attraverso la poesia, l’arte, la musica o la scrittura può essere un potente strumento di recupero. La mia speranza è che leggendo queste parole, possiate vedere l’essere umano dietro l’etichetta e forse che lo stigma possa essere ridotto da una sola persona in più oggi. Qualcosa deve cambiare, e deve cambiare ora prima che un’altra vita vada persa.

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