La più lunga battaglia

Il sinistro campo di battaglia continua a prendere il suo pedaggio, a intervalli regolari, dagli avventati che cercano avventatamente dei trofei, o le rovine dei forti deserti nella natura selvaggia – e inciampano contro una granata ancora letale. (In tutta la giungla spettrale di Verdun, le patetiche, non deperibili reliquie della battaglia rimangono, parzialmente protette dai densi grovigli di rose selvatiche e biancospino: gli elmetti, le bottiglie d’acqua arrugginite, i fucili rotti, i resti degli stivali, gli enormi frammenti di granate – e le ossa. I cinghiali della Mosa ne hanno un debole, e per anni il cappellano dell’esercito francese all’ossario (il vasto e orribile ossario che domina l’orizzonte) ha esplorato il campo di battaglia, cercando i segni rivelatori degli scavi. Ogni volta che una strada viene allargata, altri “Soldati Ignoti” del 1916 vengono scoperti, per essere consacrati dal cappellano e aggiunti alle 100.000 vittime non identificate di Verdun già ospitate nel suo lugubre ossario.

Quanto gli ultimi dei vecchi veterani – “quelli di Verdun”, li chiamano riverentemente i francesi – sono quasi scomparsi, così alcuni dei punti di riferimento stanno gradualmente scomparendo. Fort Troyon, per esempio, è stato recentemente venduto (per soli 25.000 dollari) a un coltivatore di funghi. Ma lo zoccolo duro di Verdun, si sente, sopravviverà tanto quanto la stessa nazione francese.

Nella mezza dozzina o più di volte che sono stato lì da quando ho scritto “The Price of Glory”, non ho mai mancato di essere perseguitato dalla maestosità del luogo – e dalla tristezza. Ricordo, nel 1966, di essere stato alle cupe commemorazioni del 50° anniversario a pochi metri dal generale de Gaulle. Eretto come uno stelo, rimase in piedi fino a quando la lunga presentazione di son et lumiere raggiunse la data in cui lui, de Gaulle, era caduto ferito nella battaglia ed era stato catturato. Poi girò i tacchi e se ne andò. Forse era troppo da sopportare, anche per quel titano di ghiaccio. Quasi due decenni dopo fu anche a Verdun che il successore di de Gaulle, Francois Mitterrand, venne solennemente a suggellare la fine dell’inimicizia franco-tedesca, stringendo la mano al cancelliere Helmut Kohl sul campo di battaglia.

Ancora, i tedeschi arrivano a Fort Douaumont a frotte. L’ultima volta che ci sono stato, mentre tenevo una lezione agli ufficiali di un distinto reggimento di guardie britanniche (molti di loro ora presumibilmente nel golfo), due anziani tedeschi si sono avvicinati e si sono uniti alla lezione. Uno di loro aveva uno zio ucciso con i brandeburghesi che guidarono l’assalto al forte; erano entusiasti di scoprire che avevo incontrato il leggendario tenente Radtke – allora settantenne – a Parigi, l’unica volta nella sua vita che aveva viaggiato più a ovest di Verdun. I giovani ufficiali britannici erano palpabilmente commossi dalla tragedia del luogo, uno di loro mi disse: “Sai, non ci sono uccelli qui.”

Nel corso degli anni, Verdun è stato giustamente considerato come il “momento migliore” della Francia. Allo stesso tempo, a causa delle orrende perdite e della sua associazione con il nome di Philippe Petain, il suo simbolismo ha forse anche giocato un ruolo nefasto nel disfattismo che ha portato la Francia in basso nel 1940. Alcuni stranieri, comprendendo i motivi della recente ambivalenza della Francia nella guerra del Golfo, pensano che, ancora oggi, sia perseguitata dai fantasmi di Verdun. In effetti, con i suoi orrori di gas imposti al massacro della guerra statica, Verdun presenta oggi un’immagine del tipo di olocausto macinante senza pietà in cui Saddam Hussein potrebbe ben desiderare di spezzare l’anima dei soldati occidentali.

Tra le migliaia di epitaffi scritti sulla battaglia di Verdun, tuttavia, quello che mi rimane sempre più impresso nella mente è quello scritto da Jean Dutourd, deplorando la debolezza morale dei suoi connazionali nel 1940: “La guerra costa meno della servitù. La scelta è sempre tra Verdun e Dachau”. Forse rimane altrettanto vero oggi, come nel 1940. VERDUN GUIDA Come arrivare

I treni da Parigi a Verdun passano circa quattro volte al giorno e partono dalla Gare de l’Est. Il viaggio dura circa tre ore, permettendo un cambio di treno a Chalons-sur-Marne. La tariffa di andata e ritorno, compresi i diritti di prenotazione, è di circa 59 dollari in seconda classe, 88 dollari in prima classe (al cambio di 5 franchi al dollaro). In auto, prendere la A4 da Parigi. Il sito

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