La Bibbia ebraica: I libri sacri del popolo ebraico

La Bibbia ebraica è una complessa e varia collezione di libri antichi, scritti quasi interamente in lingua ebraica, anche se alcuni passaggi sparsi appaiono nell’aramaico, strettamente correlato.

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L’ebraismo ortodosso vede la Bibbia come la parola di Dio dal Sinai. Gli studiosi moderni possono concedere l’ispirazione divina di molte sezioni, ma considerano altre come il lavoro di autori e redattori molto umani, che a volte riflettono una particolare agenda terrena. La stesura di questa vasta opera si estese per un periodo di secoli, e altri secoli sarebbero passati fino a quando il suo testo ebraico fu finalmente standardizzato nella forma sacrosanta che conosciamo oggi: intorno al 200 CE è un’opinione comune degli studiosi.

La Bibbia ebraica comprende 24 libri, disposti in un ordine specifico all’interno di tre grandi divisioni.

Il primo e più noto è “Torah”, vagamente tradotto come “la legge”, ma spesso indicato come il Pentateuco o Cinque Libri di Mosè (dalla Genesi al Deuteronomio). La Torah, scritta a mano su rotoli di pergamena, fu infine divisa in porzioni settimanali fisse, che sono ancora lette regolarmente – in forma di rotolo – nelle sinagoghe di tutte le denominazioni ebraiche.

Da un lato, la Torah è il racconto di fondazione del popolo ebraico. Una volta superata la storia della Creazione e la prima genealogia umana, introduce Abramo & Co. come primi monoteisti e antenati della nazione, e continua attraverso la schiavitù ebraica in Egitto fino a Mosè, l’Esodo e la drammatica consegna della Torah sul Monte Sinai. La lunga peregrinazione nel deserto di questa nuova nazione basata sulla fede, ora chiamata “Figli di Israele”, termina con la morte di Mosè, e il popolo pronto ad entrare a Canaan.

D’altra parte, la Torah è la principale scrittura religiosa ebraica, con il Monte Sinai come momento di impennata della rivelazione divina e dell’alleanza con il popolo. Essa articola i precetti religiosi, i rituali e gli insegnamenti morali che alla fine sarebbero stati interpretati, ampliati e persino trasformati in quello che oggi conosciamo come Ebraismo.

La seconda divisione della Bibbia ebraica è “Nevi’im” – “Profeti”. Questo, a sua volta, è diviso in “Profeti anteriori” (le opere storiche di Giosuè, Giudici, i due libri di Samuele che appaiono come libri separati ma considerati come uno solo, e i due libri dei Re, organizzati in modo simile), e i “Profeti posteriori” (i tre profeti “maggiori”, Isaia, Geremia ed Ezechiele, e 12 profeti “minori” considerati come un unico libro). Gli studiosi notano che il termine “minore” non implica che questi profeti fossero meno importanti, ma che le opere giunte fino a noi a loro nome sono molto brevi.

La terza divisione, “Ketuvim” – “Scritti” – contiene tutto il resto: la letteratura poetica di Salmi, Proverbi e Giobbe; le cinque “megillot” (rotoli) di Cantico dei Cantici, Rut, Lamentazioni, Ecclesiaste ed Ester, lette pubblicamente in date specifiche del calendario ebraico; il libro di Daniele; Esdra e Neemia, che appaiono separatamente ma sono considerati un unico libro; e, a chiusura del canone ebraico, i due libri delle Cronache (anch’essi considerati un unico libro), che sono paralleli alle precedenti narrazioni storiche di Samuele e Re.

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La prima riga della Genesi nella Bibbia ebraica.Credit: © Lucidwaters | Dreamstime.com

In ebraico, la Bibbia è chiamata “Tanakh”, un acronimo dei nomi ebraici delle tre divisioni.

Standardizzazione del testo

Naturalmente, gli errori si sono insinuati nel testo biblico mentre veniva trasmesso di generazione in generazione. I confronti tra le versioni antiche sopravvissute, alcune delle quali sono solo frammenti, mostrano sia variazioni minori che più significative. C’era la necessità di standardizzare il testo; ma questo, a sua volta, richiedeva anche un accordo sulla “vocalizzazione” di quella che è essenzialmente una lingua consonantica, in modo da stabilire la pronuncia e il significato corretti.

Il problema fu affrontato da generazioni di studiosi ebrei noti come i Masoreti (dall’ebraico per “tramandare”, come in “tramandare” una tradizione), che furono attivi in Israele e Babilonia nei secoli VII-X d.C. Il loro più grande risultato, chiamato il Testo Masoretico, è il testo biblico ebraico standard riconosciuto e la base di molte traduzioni cristiane fino ad oggi. Il famoso Codice di Aleppo del 10° secolo, ora al Museo d’Israele a Gerusalemme, è considerato la versione più autorevole di quel testo. Contiene i punti e le linee che rappresentano le vocali ebraiche ma che sono assenti dai rotoli della Torah, così come una serie di simboli esoterici che servono simultaneamente come accenti, punteggiatura e cantillazione (indicatori musicali su come cantare il testo).

La Bibbia Cristiana

Il “Vecchio Testamento” della Bibbia Cristiana non è identico alla Bibbia Ebraica. Il Pentateuco è stato lasciato intatto, ma le divisioni ebraiche di Profeti e Scritti sono state riorganizzate. Ai libri che appaiono come suddivisioni nella Bibbia ebraica fu dato il loro proprio status come libri separati nelle scritture cristiane, e l’ordine dei libri fu riorganizzato, apparentemente per seguire fili storici.

Al libro di Ruth, per esempio, che racconta l’idillio della bisnonna del re Davide, fu dato uno spazio cronologicamente “sensato” tra Giudici e 1 Samuele. I libri storici delle Cronache furono “promossi” ad una posizione immediatamente successiva a 2 Re, e furono a loro volta seguiti da Esdra, Neemia, Ester e Giobbe, quattro libri con un contesto storico distinto. E il libro delle Lamentazioni, tradizionalmente attribuito al profeta Geremia, fu spostato subito dopo il libro che porta il suo nome. Significativamente per i teologi cristiani, l’Antico Testamento nella Bibbia cristiana ora finisce con i profeti e guarda avanti al Nuovo Testamento cristiano.

L’edizione cattolica della Bibbia include ciò che viene talvolta chiamato Apocrifo, una mezza dozzina di libri aggiuntivi, per lo più del periodo ellenistico, che non “ce l’hanno fatta” né nel canone biblico ebraico né nella versione protestante; l’edizione orientale ortodossa contiene ancora più aggiunte.

Una differenza più fondamentale sta nella traduzione effettiva delle Sacre Scritture. I traduttori competenti in genere consultano una serie di versioni antiche e altre fonti, ma i risultati possono essere molto diversi. Le edizioni protestanti della Bibbia, per esempio, hanno avuto la tendenza a seguire da vicino il Testo Masoretico ebraico, mentre altri si sono aggrappati alla traduzione greca della Bibbia ebraica, conosciuta come la Septuaginta, che emerse ad Alessandria, in Egitto, nel III e II secolo a.C. Le differenze tra queste due versioni dominanti (ce n’erano altre) a volte avevano serie implicazioni teologiche, e il dibattito è andato avanti per secoli.

Ispirazione senza fine

La mistica della Bibbia è stata una fonte infinita di ispirazione per artisti, compositori e scrittori. E, a quanto pare, anche per gli aspiranti recorder. La più grande Bibbia mai esistita è una copia della Versione di Re Giacomo (comprendente sia il Vecchio che il Nuovo Testamento), stampata a mano da Louis Waynai, un americano, nel 1930. Pesa circa mezza tonnellata e occupa un posto d’onore nella biblioteca della Abilene Christian University, Texas.

“E poi c’era Nano! La più piccola Bibbia di sempre è stata prodotta nel 2009 dagli scienziati dell’Istituto di Nanotecnologia del Technion-Israel Institute of Technology di Haifa. Le 1,2 milioni di lettere della Bibbia ebraica sono state incise con un fascio di ioni focalizzato su un microchip di silicio placcato in oro delle dimensioni di un granello di zucchero. Richiede un ingrandimento di almeno 10.000 per renderla leggibile.

Una delle prime due copie fu presentata a Papa Benedetto XVI durante la sua visita in Terra Santa quell’anno. Un’altra è stata fatta appositamente per l’attuale mostra giubilare dell’Israel Museum di Gerusalemme.

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